Contratto di agenzia – Incarico, cessazione del rapporto di lavoro e indennità.
La Cassazione confermando una decisione della Corte d’Appello di Firenze, con la pronuncia di cui è riportata la massima, ha preso posizione su un aspetto poco approfondito nella giurisprudenza in materia di contratto di agenzia, enunciando un principio idoneo a sollevare qualche perplessità.
L’articolo richiamato, come noto, stabilisce il diritto per l’agente a vedersi corrispondere dopo la chiusura del mandato un’indennità premiale al verificarsi di determinate condizioni (l’aver “procurato nuovi clienti al preponente” ovvero “sviluppato gli affari con quelli esistenti” e il perdurare di “sostanziali vantaggi” per la preponente). Affermando che la spettanza del 1751 c.c. sia riferibile solamente all’attività agenziale nella sua accezione “più stretta”, la Cassazione sembra escludere dalla platea dei beneficiari, almeno parzialmente, coloro ai quali le case mandanti abbiano affidato, unitamente all’incarico di agenzia, il compito di coordinare e supervisionare gli altri membri della rete vendita, attività di assoluta importanza soprattutto per le aziende più strutturate.
Come noto, nella prassi commerciale viene riconosciuta in favore degli agenti coordinatori una provvigione sui risultati di vendita degli agenti da questi coordinati, che va a cumularsi con i compensi maturati per gli affari conclusi “direttamente”.
E’ altresì noto che nella gran parte dei casi tale incarico ulteriore viene conferito dalle mandanti a quegli agenti che godano di provata fiducia e anno di “esperienza sul campo”, così configurandosi una sorta di avanzamento di carriera. A fronte dell’assunzione di questo delicato compitosi verifica, quasi fisiologicamente, una riduzione del proprio fatturato “diretto” anche beneficio dei risultati del gruppo coordinato.
Aldilà dello stringente dato letterale del codice civile, è innegabile che vi sia una correlazione intrinseca tra le due attività sopra descritte, che condividono la medesima natura agenziale, a maggior ragione quando l’opera di coordinamento è remunerata tramite provvigione.
Non tener conto di questa evidenza, avallando interpretazioni eccessivamente rigide, può condurre a situazioni incongrue, se non paradossali. Basti pensare al caso, invero piuttosto diffuso, dell’agente che, dopo anni di prestigiosi risultati individuali, divenga capoarea e negli anni successivi mantenga fatturati in crescita pur se con provvigioni dirette trascurabili. Se l’eventuale indennità di cessazione (che ai sensi dell’art. 1751 cc va commisurata alle sole “retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni”) venisse calcolata tenendo conto unicamente delle provvigioni individuali, l’agente potrebbe trovarsi a subire un pregiudizio economico – potenzialmente molto elevato – per il solo fatto di aver accettato, qualche tempo prima, l’incarico ulteriore conferito dalla mandante.
Un’impostazione del genere, peraltro, si presterebbe anche al rischio di abusi da parte delle mandanti, nell’ottica di un risparmio di costi sulle indennità di cessazione del contratto di agenzia.
Cass. civ., sez. lav., 15-10-2018, n. 25740.
“Ai fini del riconoscimento dell’indennità ai sensi dell’art. 1751 c.c., è necessario che l’agente abbia procurato al preponente nuovi clienti ovvero abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i contraenti già acquisiti, restando conseguentemente esclusa dall’ambito di applicabilità di tale norma l’attività di reclutamento e coordinamento degli agenti, in quanto quest’ultima, pur rilevante sul piano organizzativo, si pone come strumentale ed accessoria rispetto a quella, direttamente volta alla promozione della clientela, che l’indennità di cessazione del rapporto è specificamente finalizzata a premiare”.