Divieto di patti successori e nullità di testamenti

La sentenza rappresenta l’occasione per una riflessione sulle figure dei testamenti congiuntivi o reciproci e sulla loro differenza rispetto ai testamenti simultanei redatti sullo stesso foglio o su fogli distinti.

I testamenti congiuntivi o reciproci, sanzionati dall’art 589 CC, ricorrono quando in un unico atto due o più persone dispongono a vantaggio di terzi o facciano disposizioni reciproche.

Si parla, invece, di testamento simultaneo quando i testatori con atti distinti, in un medesimo foglio o in fogli diversi manifestino la loro volontà testamentaria. In questo caso non è esclusa l’autonomia delle singole dichiarazioni, neanche nel caso della reciprocità delle disposizioni.

Affinché sui testamenti simultanei ricada la scure della invalidità, sub specie di nullità, è necessario che i medesimi testamenti siano l’esecuzione di un patto successorio istitutivo, vietato ex art 458 CC, di un accordo, cioè, con il quale ciascuno dei testatori provvede alla sua successione in un determinato modo, in determinante correlazione con la concordata disposizione dei propri beni da parte degli altri.

La Corte, poi, ricorda che non è necessario che il patto istitutivo risulti da atto scritto o emerga dal testamento come motivo determinante della disposizione, ex art 626 CC, ma è ammissibile la prova con qualsiasi mezzo , trattandosi di prova di un accordo che la legge considera come illecito, ed a tal fine propone un parallelo con l’art. 1417 CC che, in materia di prova della simulazione, dispone che può essere liberamente provata dalle parti quando l’azione è diretta ad accertare l’illiceità del contratto dissimulato.

 

Leggi la sentenza di seguito:

Cassazione, Sent. n° 18197 del 02.09.2020

L’esistenza di un patto successorio istitutivo non deve risultare necessariamente dal testamento o da atto scritto, potendo al contrario essere dimostrata con qualunque mezzo, giacché si tratta di provare un accordo che la legge considera illecito.

 

Autore articolo: Avvocato Umberto Rossi


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