Recesso unilaterale del datore di lavoro dal patto di non concorrenza

Con la pronuncia 10535/2020 la Corte di Cassazione ha rafforzato un orientamento giurisprudenziale sicuramente maggioritario in tema di validità del patto di non concorrenza post-contrattuale nel rapporto datore/lavoratore, offrendo anche un’interessante chiave di lettura sulla natura del vincolo.

E’ noto che, sul solco della ricostruzione tradizionale della giurisprudenza in materia, il patto di non concorrenza, concluso tra le parti al momento della stipula del contratto di lavoro, costituisce un negozio pienamente autonomo rispetto al contratto di assunzione in senso stretto, i cui effetti pratici rimangono sospesi per il tempo delle durata della prestazione lavorativa.

Se riguardo all’onerosità del patto di non concorrenza post contrattuale non sussistono particolari dubbi, tanto non può dirsi a proposito della legittimità del recesso unilaterale dal suddetto vincolo e delle clausole contrattuali che prevedano un siffatto potere in capo al datore di lavoro (nella prassi invero piuttosto frequenti).

Molto puntualmente la Corte ha sottolineato che, dal momento che “i rispettivi obblighi si sono cristallizzati al momento della sottoscrizione del patto”, la previsione di una facoltà di risoluzione discrezionale del datore di lavoro – libero di scegliere di avvalersi o meno della prestazione di “astensione da concorrenza” del dipendente – configura necessariamente una pattuizione nulla.

Essa, infatti, legittimerebbe una compressione del diritto del lavoratore senza la garanzia di un corrispettivo in suo favore. In questo senso, ha osservato la Corte, non ha rilievo il fatto che il datore abbia comunicato la propria intenzione di recedere dal patto di non concorrenza tempo prima dell’effettiva conclusione del rapporto di lavoro.

 

CASSAZIONE CIVILE, SEZIONE LAVORO, ORDINANZA 10535 DEL 2020 PUBBLICATA IL 3/6/2020

Di seguito la massima non ufficiale della sentenza:

 

L’obbligazione di non concorrenza a carico del lavoratore per il periodo successivo alla cessazione del rapporto, di cui all’art. 2125 c.c., sorge sin dalla costituzione del rapporto di lavoro.

E’ da considerarsi nulla la clausola che preveda per la parte datoriale la possibilità di ritenere unilateralmente sciolto il patto, in quanto farebbe cessare ex post gli effetti già operativi del patto stesso, affidandone la condizione risolutiva alla mera discrezionalità di una sola parte contrattuale.

 

Autore articolo: Avvocato Daniele Costanzo


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