Sostanze stupefacenti – La coltivazione domestica è consentita?

Le Sezioni Unite hanno affermato che il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore.

La Corte di Cassazione, nell’affrontare la questione della coltivazione domestica di sostanze stupefacenti, ripercorre le principali pronunce giurisprudenziali che si sono susseguite nel tempo.

Risale al 2008 la pronuncia, sempre a Sezioni Unite, con la quale si è affermato che costituisce

condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di specie vegetali dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando il prodotto sia destinato ad uso personale.

La rigidità di tale impostazione, tuttavia, viene temperata dalla possibilità, riservata al giudice di merito, di mandare esente da responsabilità il coltivatore domestico in seguito alla verifica negativa dell’offensività in concreto della condotta.

Più di recente il contrasto ermeneutico si è spostato sul concetto di offensività in concreto.

Per un primo orientamento occorre verificare se la pianta, conforme al tipo botanico vietato, risulta idonea a giungere a maturazione e a produrre, all’esito di un fisiologico sviluppo, sostanze ad effetto stupefacente.

Secondo un’altra impostazione – a parte la corrispondenza alla specie botanica – è richiesto l’accertamento di un quid pluris: il concreto pericolo di aumento delle sostanze stupefacenti in circolazione e di ulteriore diffusione degli stessi.

È all’interno del quadro interpretativo appena tracciato che si inserisce la pronuncia cui è approdato il Supremo Collegio a Sezioni Unite.

La Corte, nel tentare di superare i contrasti interpretativi, cerca di fissare alcuni punti fondamentali in materia di coltivazione domestica.

Nel risolvere la questione i giudici si affidano a due principi cardine del sistema penale: principio di tipicità; principio di offensività nella sua accezione concreta.

  • Nel rispetto del principio di tipicità, la Corte, ed è questo il punto di novità della pronuncia, fa riferimento a taluni presupposti oggettivi quali:
    • la minima dimensione della coltivazione,
    • il suo svolgimento in forma domestica e non in forma industriale,
    • le rudimentalità delle tecniche impiegate,
    • lo scarso numero di piante 
    • l’oggettiva destinazione all’uso esclusivamente personale del coltivatore.

È la sussistenza di tali indizi che, facendo venir meno la tipicità della condotta, scongiura la contestazione dell’illecito penale.

  • Con riferimento al principio di offensività in concreto si afferma che ove il prodotto della coltivazione non contenga un effetto stupefacente in concreto rilevabile il reato non potrà essere ritenuto sussistente. È a tal proposito che – puntualizza la Corte – non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza del controllo dovendosi operare, nel caso di coltivazione non ancora giunta a maturazione, un giudizio di previsione tenendo anche conto dei parametri oggettivi di cui sopra.

Alla luce della decisione in commento emerge ancora una volta la precipua importanza dei principi fondanti il diritto penale nella risoluzione delle questioni interpretative che spesso accendono, come nel caso di specie, forti contrasti giurisprudenziali.

La soluzione cui perviene la Suprema Corte appare di certo apprezzabile in quanto idonea a fornire all’interprete i giusti mezzi per discernere la coltivazione penalmente rilevante da quella lecita.

Nella speranza che l’orientamento appena esposto venga applicato dalla giurisprudenza di merito non può che auspicarsi un intervento legislativo che chiarisca in via definitiva i termini della questione.

 

Per approfondire, puoi leggere la sentenza sulla coltivazione domestica di sostanze stupefacenti che trovi di seguito:

Sentenza n. 12348 ud. 16/04/2020 – deposito del 19/12/2019

COLTIVAZIONE DI PIANTE DA STUPEFACENTI – CONFIGURABILITÀ – CONFORMITÀ AL TIPO BOTANICO ED ATTITUDINE A PRODURRE SOSTANZA STUPEFACENTE – SUFFICIENZA – DESTINAZIONE ESCLUSIVA ALL’USO PERSONALE – RILEVANZA PENALE – ESCLUSIONE – CONDIZIONI.

Le Sezioni Unite hanno affermato che il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore

Presidente: D. Carcano

Relatore: A. Andronio

 

Autore articolo: Avvocato Riccardo Parboni


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